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Abisso - Un racconto di Claudio Santoro

Un’aggressione. Qualcuno aveva staccato il gas. I termosifoni erano freddi e le lampadine spente. Forse per sempre. O finché qualcuno non sarebbe tornato ad abitare lì. Faceva molto freddo. Poi c’era quella parola incisa con un coltello sul tavolino di plastica nella veranda. Anche se in quel momento Julia non avrebbe saputo dire quale tipo di coltello fosse stato usato. Due cadaveri adulti nel salone: il marito sdraiato di fianco al di sotto del tavolo, in una posizione quasi fetale, e la moglie a ridosso della finestra, il telefono a pochi passi da lei con lo schermo infranto. E un bambino decapitato in cucina. La testa era stata incastrata in una tazza larga, di quelle da latte o da caffè americano. Julia fece una smorfia: perché la tazza? Che senso aveva? E con che tipo di coltello era stata tagliata la testa del bambino? Doveva essere affilato. Diede un’occhiata alla cucina da cui era stato sottratto: sembrava un autolavaggio dove, al posto del sapone, era stato utilizzat

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