Il lato positivo - Un racconto di Ambra Dominici


 

La ferita alla gamba era profonda e faceva un male tremendo.
Insopportabile.
Per un istante pensai di recidermi la coscia a morsi pur di togliermi di dosso quell’inferno: “Mi fa male”. Tommy alzò lo sguardo verso la mia faccia. Dovevo essere un vero schifo da guardare: pallido come un morto, coperto di sangue, fradicio di sudore: “Va bene, sarebbe stato peggio non sentire niente, non trovi?” Cercava di sdrammatizzare mentre cercava di fermare l’emorragia stringendomi la sua cintura intorno alla coscia. Lo prendevamo tutti per il culo per questa sua innata positività. Se si trovava nella merda, Tommy semplicemente ci nuotava “Ciò che conta è stare a galla”. Ci potevi contare che ti avrebbe detto così.
Ora che quello stronzo ci inseguiva e io lasciavo una pista di sangue che anche un cieco avrebbe saputo seguire, tutto si sarebbe detto perduto, ma Tommy era freddo come il ghiaccio. Avreste dovuto vederlo fingere che stesse andando tutto bene nella sua giacca di jeans preferita tutta sporca di sangue: “Prima rallentiamo l’emorragia, poi ci togliamo di qui e in qualche modo lo seminiamo.” Solo che se l’idea era di caricarmi in spalla e correre lontano, per quanto Tommy fosse in forma, a me sembrava una vera e propria stronzata. Non che fosse in condizione di dire la mia. Non volevo morire, ma capivo benissimo che non ce l’avremmo fatta, non in due: “Lasciami qui, mi inventerò qualcosa.” Tommy non mi guardò in faccia, sapeva che avevo stramaledettamente ragione, ma non mi avrebbe mai lasciato lì da solo. Tra noi c’era un legame. Amici, soci, fratelli: “Stringi i denti, ora ti alzo.” Mi prese da sotto le ascelle per alzarmi, la gamba si tese e per un istante tutto intorno a me si ribaltò sotto sopra e l’istante dopo il sandwich col tonno di un’ora prima si ritrovava sparpagliato in terra in una pozza di succhi gastrici e Dio solo sa che altro. Tommy mi lasciò andare e io, ansimando, con quello schifo sotto al naso, non seppi resistere: “Trovami il lato positivo adesso.” Lo stronzo non ci pensò due volte: “Bene, ora sei più leggero da alzare.” Giuro che pensai di dargli un pugno dritto in faccia, ma non ebbi il tempo di fare nulla. Tommy aveva sentito qualcosa, si chinò su di me e mi trascinò dietro una cassa in mezzo a dei vecchi cocci taglienti, mentre io stringevo i denti fino a spaccarmeli. Sfidavo chiunque a non trovarci con tutte quelle tracce di sangue e vomito in terra. Tommy mi fece segno di stare zitto mettendosi l’indice davanti al naso. Dopotutto la stanza era piuttosto buia e il magazzino ampio. C’era parecchia roba ovunque.
Lo Spaccaossa si muoveva guardingo fra gli scaffali. Sapeva dove eravamo. Come ho già detto, le tracce erano evidenti, ma la botta in testa lo aveva rallentato. Non mi ero fatto certo ferire tanto facilmente e ne andavo fiero, ma avrei voluto colpire più forte. Dannata gamba! Di nuovo pensai di amputarmela a morsi. Quello che lo Spaccaossa non sapeva era se fossimo o meno armati e questo era un bel vantaggio. Di fatto Tommy aveva con sé una pistola. Il problema era che l’ultimo colpo lo aveva sparato colpendo quel figlio di puttana solo di striscio. Ora aveva un pezzo di orecchio in meno, ma delle punte delle orecchie uno alla fine che se ne fa? Poco male – aveva pensato Tommy – è pur sempre un pezzo in meno a cui pensare!
Lo sentivamo respirare.
Una vera cazzata morire così, ma gli affari sono affari e questi sono più o meno i rischi del mestiere. Quando arrivi a fare i gargarismi col tuo stesso sangue dentro di te un po’ te ne fai una ragione, del fatto che forse sarebbe stato meglio studiare, intendo, che forse tuo padre aveva proprio ragione quando diceva che eri un coglione, ma certe persone non sono proprio fatte per un diploma in ragioneria o per stare alla cassa del supermercato sotto casa. A certe persone serve un coltello piantato nella coscia e ad altre un pezzo di orecchio in meno. Pensavo a queste stronzate mentre guardavo la nuca di Tommy. Aveva i peli irti e una goccia di sudore che cadeva dietro all’orecchio sinistro. Sentivamo lo Spaccaossa farsi sempre più vicino. Aveva quel cazzo di coltello in mano e lo sapeva usare veramente bene, non bene come la mazza, ma quella gliel’avevo sfilata per colpirlo in testa e mi era caduta di sotto. A pensarci bene come accidenti avevo fatto a non rimanerci secco su quell’impalcatura? Tutto merito di Tommy. Non mi avesse afferrato sarei caduto si sotto con quella fottuta mazza. Era solo grazie a Tommy. Ormai mi sentivo quasi svanire e non ero proprio sicuro di sentire più neanche tanto dolore alla gamba, il magazzino con la sua polvere e i cocci taglienti sotto al mio culo erano quasi niente. Vedevo solo Tommy togliersi la giacca senza distogliere lo sguardo diretto verso il respiro dello Spaccaossa. Tommy prese la sua giacca di jeans preferita e me la mise sulla faccia. Dovevo sembrare proprio morto in quella pozza di sangue e forse ero veramente morto e quello era l’inferno, un inferno in cui io stavo con la giacca di Tommy sulla mia faccia, senza riuscire a muovere neanche un muscolo mentre Tommy moriva. L’inferno era Tommy che moriva senza la sua giacca preferita, in un verso strozzato, mentre tenta di scattare lontano dal mio corpo esangue.
Una manciata di secondi.
Sentii Spaccaossa estrarre il coltello da Tommy (lo sentii chiaramente) e poi si trascinò verso di me. Sentii i suoi stivali frantumare i cocci a pochi passi dalla mia pozza di sangue. Dovevo proprio sembrare morto, perché senza difese mi si fece a un centimetro dalla faccia. Voleva togliermi di dosso la giacca di Tommy e controllare, ma io non ero morto e il coccio affilato che avevo in mano bastò a trafiggergli il volto.
Ora guarda il lato positivo Tommy: lo stronzo è morto e la sua testa è caduta proprio su ciò che resta del mio sandwich.


(c) ambra dominici 2022


Bio: Cosa si nasconde dentro a una poetessa di trent'anni laureata con lode in CPO a Urbino e residente nella graziosa Fratte Rosa (PU) nel cuore delle Marche? Ovviamente sangue, budella e tante altre cose disgustose. Di giorno Ambra Dominici organizza incontri di poesia e letture in italiano e in dialetto; è presente nell'antologia Poeti neodialettali marchigiani di Jacopo curi e Fabio Maria Serpilli, canta e lavora nell'azienda di famiglia, mentre di notte... scrive

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